Prima di tutto mi scuso per il black-out di post delle
scorse settimane, ma la difficoltà nel trovare wi-fi e prese per caricare il
mac hanno infranto il mio desiderio di documentare il mio viaggio estivo con
regolarità. Quindi vi beccherete ora in due puntate le restanti settimane di
trip che ci hanno portato più in là del previsto.
Eravamo rimasti a Ceuse….
Dopo le prime giornate infruttuose beh… le cose non sono
migliorate tanto. Unica nota positiva la salita di “Sueurs Froides”, un bel 8a+
al settore Demi Lune. Mi è venuta voglia di provare questa via vedendo la forte
ma decisamente troppo magra Sasha DiGiulian provarlo a vista. Prendo qui spunto
per una piccola riflessione. Credo sia evidente a tutti che in arrampicata il
rapporto peso potenza è la base su cui costruire tutto il resto. Trovatemi un
top climber che pesa 80 chili….. A differenza di tanti sport nel nostro il
doping classico direi che non esiste o quasi. Io credo che la ricerca di un
peso al limite dell’anoressia (e alle volte questo limite viene anche superato)
sia alla stregua di un doping, perché come le pillolone, l’epo e altri barbatrucchi
NON E’ SANO! La mia opinione è che innanzitutto la federazione internazionale
dovrebbe bandire dalle gare gli atleti che non rientrano negli standard di
libraggio non dico della normalità, ma in quelli della decenza, e poi sarebbe
bello che anche riviste e sponsor seguissero questa prospettiva. Per fortuna
negli ultimi anni il più mediatico dei climbers è stato un certo Chris che è si
magro e tirato come un atleta ma guardandolo non si ha la sensazione che abbia
bisogno di passare un mese in una Gasthaus tetesca a mangiare wienershnitzel
dalla mattina alla sera per essere visibile di profilo.
Ma ritorniamo alla Francia e a Ceuse. In falesia non ero da
solo a soffrire sui buchi di questa bellissima falesia. La mia compagna Sharon
iniziava a prendere fiducia e a scalare da prima nonostante la chiodatura
vivace. Il suo project è diventato un 6c moooolto boulderoso in partenza sempre
al settore Demi Lune. Purtroppo due giorni non le sono stati sufficienti per
chiudere la faccenda, peccato perché le mancava pochissimo per fare la sua
prima via di tale difficoltà. Voglio citare solo per la cronaca il mio bizzarro
karma con una via, “Encore”. Il tiro è un bellissimo strapiombo di circa 20
metri che parte dopo un facile 6a-6b egualmente lungo. In totale 40 metri di
8a+. Questa via fu l’ultima che provai nel mio precedente viaggio qui (correva
l’anno 2009). Il tentativo a vista fu quasi perfetto, quasi perché caddi sull’uscita
che presa da sola varrà forse 6b-6c a causa di un movimento troppo deciso che
mi fece letteralmente rimbalzare via la mano dall’interno di un buon buco.
Quest’anno le cose sono andate ancora peggio. Sempre
all’ultimo giorno decido di farci un paio di giri per provare a chiudere i
conti. Ma la maledizione continua. Non bastava la gamba che dopo 4 giorni di
sentiero era come un peso morto. Quando prendo in mano la corda per fare il
nodo la pancia inizia a borbottare in un brutto modo. Quello che ne segue è una
disperata corsa contro il tempo in cerca di un luogo dove posso liberare
l’immondità che evidentemente giaceva dentro di me. Ciò mi lascia completamente
senza energie ed è già tanto se riesco a raggiungere la tenda.
Distrutti dal sentiero decidiamo di abbandonare la bella
Ceuse alla volta di falesie più “accessibili”.
La nostra prossima meta è la zona di Briancon, piena di
belle falesie e anche di qualche blocco. Abbiamo appuntamento al camping di
Alefroide con i Negovetti che giungono anche loro in zona per le vacanze
estive. Il campeggio è veramente carino e selvaggio. Si estende per tutta la
zona del paese (10 case in tutto) in modo molto anarchico. E’ consentito
accendere fuochi e se non imbastisci almeno una griglia con la legna raccolta
in loco non sei nessuno.
Ad Alefroide si fa boulder e ci sono molte falesie e
tiri lunghi soprattutto con difficoltà medio-facili. E’ una sorta di piccola
Val di Mello. Il primo giorno di scalata lo dedichiamo al bouldering. I Massi
sono tutti lungo la strada e all’interno del camping, e proprio per via della
loro accessibilità sono tutti molto unti. Posto simpatico che merita una
visitina se siete in zona, magari per staccare dalla routine della falesia. Il
giorno seguente andiamo a visitare una falesia che era da tanto che volevo vedere.
Entraygues. E’ situata in una valle adiacente a quella di Alefroides. Me ne
aveva parlato molto bene il Gabri (Moroni) che qui ha salito uno dei suoi 9a.
Oltre a ciò mi motiva e stimola il fatto che la roccia sia gneiss, sul quale ho
fatto molto bouldering ma mai vie. Trovata la falesia prima di tutto mi
colpisce il sovra affollamento. E’ pieno di italiani! Incontro alcune facce
note tra cui il dr. Gnerro che mi assicurano essere condizione assai strana
tutta questa gente in un posto simile. La falesia è bella, piccola ma con belle
forme e linee. A causa delle troppe persone il riscaldo è un po’ così. Partenza
su un 7b+ di 4 spit fatto per 3 volte e poi un 7c più lungo abbastanza
impestato e tecnico. Seguo dei padovani che provano e poi chiudono un 8a+ bello
ma con delle spittate al limite che non mi entusiasmano troppo. Mi consigliano
invece un 8a che mi ha veramente colpito. Si chiama Les Pitchounes ed è la
partenza diretta di un 7c che taglia da destra a sinistra quasi tutto il muro
strapiombante dove ci sono i tiri duri. La partenza è stupenda! Tre liste da
tirare su di un inclinazione di 35° per poi fare un lancio ad una buona presa
che porta sulla linea del 7c. Da sbavo. Sono esaltato! Al secondo giro la
chiudo e sono quasi triste perché vorrei scalarci ancora!
Entraygues promosso a pieni voti. Posto piccolo ma da
ritornarci, magari in combinazione con le altre falesie in zona Briancon. Dopo
una bella cena a base di cous cous con i Negovetti e i loro simpatici amici si
riparte l’indomani alla volta di una nuova falesia in un’altra regione della
Francia: La Balme de Yenne in Savoia. Dopo tre ore belle piene tra le statali
francesi arriviamo a Yenne (situata nelle vicinanze delle più grande e nota
città di Chambery). Passiamo dal bel fresco dei monti della Haut Alpes al caldo
(32-34°) e umido che imperversa in Savoia. Andiamo subito a vedere la falesia
che è letteralmente in strada (e non una stradina, una statale che porta a
Lione) anche per raccogliere info sul dove dormire in zona.
Il muro, anche se
dalle tinte scure e poco colorate è molto bello. Alto 40-50 metri mi ricorda
molto quello della nord di Buzet, solo molto più grande.
Sul lato destro è
presente una caverna grande come il Baratro (e altrettanto umida).
Purtroppo
però neanche la bellezza del muro riesce a cancellare del tutto il rumore dei
tir sulla statale e tutto il suo contorno. Yenne è un paesino triste senza
nessuno svago. Il camping è ancora peggio. Il rumore della statale su cui si
affaccia è insostenibile, tanto che rende la colonia estiva di bambini vicino a
noi silenziosa. E come se non bastasse sul lato opposto della strada c’è un
luna park con un dj set squallido che va avanti ad oltranza per tutta la notte.
Tra il clima inclemente e il contesto paesaggistico e acustico la voglia di
scappar via e tanta. Ma almeno un tiro devo farlo! Così l’indomani la sveglia
“naturale” è mattutina e alle 10 siamo già in falesia, con l’auto carica pronta
per fuggire. Dopo tre bellissimi riscaldi di pura continuità su canne e buconi
dei local mi consigliano di provare un bel 8a/a+. La via, lunga sui 25 metri,
inizia con una sequenza di presine e buchetti su di una pancia appoggiata per
poi proseguire con prese più generose ma in strapiombo. Il “climax” della via
giunge negli ultimi 10 metri, 5 dei quali lungo una sottile (per larghezza,
dalla parete esce per una mano o più) canna singola che a mio avviso fanno il
grado della via. Via che finisce uscendo da un bombè in modo non difficile ma
esaltante visti i movimenti. Il caldo (o la mia stretta non all’altezza) mi
fanno cadere al 2° giro in cima alla canna finale, subito prima di un riposo
totale che porta alla non difficile uscita. Con questa temperatura la pelle è
già ben che andata (la canna finale è come una grattugia) e non resta che
scappare verso Arco (viste le temperature che raggiungeranno quasi i 40 gradi a
detta dei locals) con in mente qualche fresco “toc” nel lago e magari qualche
scalata nei dintorni prima del rientro a casa. In realtà sarà proprio il caldo
a far rimandare la data di ritorno al lavoro e quindi il nostro viaggio
continuerà verso la Val Daone e Zillertal. Ma per questo dovrete aspettare la
seconda parte del racconto!
Che bel, che invidia!!! Che forte che te son...Bravi muli.
RispondiEliminaLuca Vis